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Piacenza
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Gli affreschi del Pordenone

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Una volta conclusa la chiesa nel 1528, si provvide subito a dotarla di un grandioso apparato decorativo, affidando i lavori ad un artista molto in voga come il friulano Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone. Formatosi nel florido ambiente veneziano, da cui ereditò il colorire denso steso con pennellate rapide e dai contorni sfumati, aggiornò il suo stile a Roma, dove recuperò la spazialità ariosa e monumentale della pittura raffaelliana. Al momento del suo arrivo a Piacenza, il Pordenone era dunque un artista completo, noto e apprezzato dai contemporanei, e molto stimato in zona, avendo lui già lavorato nella cattedrale di Cremona.
All’interno di Santa Maria in Campagna, il Pordenone lavorò insieme al suo allievo principale, Bernardino Gatti detto il Sojano. La prima opera si incontra subito in controfacciata, col Sant’Agostino, rappresentato in abiti vescovili, con numerosi putti che sorreggono i suoi testi. L’affresco è fronteggiata dal San Giorgio che uccide il drago di Bernardino Gatti.
Proseguendo nella chiesa, si  incontra la Cappella di Santa Caterina, commissionata da Francesco Paveri Fontana, uno dei rettori della chiesa nel 1531, per la moglie Caterina Scotti. Il Pordenone qui vi dipinge le Storie di Santa Caterina, in qui mostra una notevole capacità architettonica. Sulla parete è la Disputa di Santa Caterina, mentre nelle lunette si riconoscono il Martirio sulla ruota dentata e la Decollazione di Santa Caterina. Conclude il programma la pala d’altare con lo Sposalizio mistico di Santa Caterina.
Si prosegue con la Cappella dei Re Magi. Commissionata da Pietro Antonio Rollieri, uno dei primi rettori della chiesa nel 1521, è dedicata alla Vergine. Nel lanternino si riconosce l’Assunta, mentre il  resto degli affreschi raccontano episodi dell’Infanzia di Cristo. Sulla parete la grandiosa Adorazione dei Magi, dal dettagliato e ricco corteo che si perde all’orizzonte, mentre le lunette presentano l’Adorazione dei Magi e la Fuga in Egitto. Completa il programma l’inusuale Natività della Vergine, tema apocrifo.
Il capolavoro assoluto del Pordenone è la decorazione della cupola. Iniziata nel 1530, i lavori proseguirono anche dopo la sua morte, avvenuta nel 1539, sotto la direzione del suo allievo Sojano. Il programma è alquanto complesso. Il fulcro è il Dio Padre nella lanterna centrale, colto nel momento di scendere sulla terra. La cupola è suddivisa in otto spicchi, chiamati vele, in cui sono presenti figure di Profeti e Sibille; nelle lesene, invece, si aprono ovali con le Storie della Creazione, dipinti come fossero finte placche di bronzo. Nel fregio sono raccontate storie di dei antichi e della mitologia; a questi si aggiungono, nei medaglioni a monocromo, passi dei Dictorum et factorum memorabilium libri (libro dei fatti e detti memorabili) di Valerio Massimo e delle Decadi di Tito Livio, testi classici molto apprezzati in epoca rinascimentale. Scendendo verso il tamburo, si incontrano gli affreschi del Sojano. Nelle lesene, Apostoli; i riquadri del tamburo, invece, raccontano le Storie della Vergine, e infine nei pennacchi vi sono i Quattro Evangelisti.

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